QUANTO INQUINA UNA CENTRALE TERMOELETTRICA?

Le centrali termoelettriche rappresentano ancora oggi la spina dorsale della produzione elettrica in Italia ed anche nel resto del mondo. Basti pensare che nel nostro Paese vengono prodotti ogni anno oltre 180 TWh, pari ad oltre il 60% della produzione totale di elettricità, ovvero quasi due terzi della domanda nazionale.

Nonostante la rilevanza mostrata dai dati appena citati, quanto inquina l’energia termoelettrica? Nelle prossime righe cercheremo di approfondire proprio l’impatto ambientale delle centrali sul nostro ecosistema sempre più fragile.

Come funziona una centrale termoelettrica?

Per capire quale sia l’impatto ambientale di una centrale termoelettrica è importante comprendere il suo funzionamento, a partire dalle materie prime utilizzate per la loro attività.

Le principali fonti di alimentazione sono le seguenti:

  • carbone: storicamente il combustibile più utilizzato e ancora oggi diffuso in molti Paesi. È però anche il più inquinante, con alti livelli di CO2 e polveri sottili;
  • gas naturale: oggi prevalente in Italia, grazie alle centrali a ciclo combinato. È meno inquinante rispetto al carbone, ma è pur sempre un combustibile fossile;
  • petrolio: sempre meno usato a causa dei costi elevati e dell’impatto ambientale;
  • nucleare: non emette CO2 in fase operativa, ma comporta rischi legati alla sicurezza e alla gestione delle scorie radioattive;
  • biomasse e biogas: soluzioni rinnovabili che consentono di trasformare scarti agricoli e forestali in energia elettrica, inserendosi in un modello di economia circolare;

A questo punto osserviamo i vari step che consentono la trasformazione delle materie prime appena elencate in energia elettrica.

Combustione e generazione del calore

Il punto di partenza è la combustione. La materia prima viene introdotta in un bruciatore, dove viene incendiata ad altissime temperature. Il calore prodotto non è fine a sé stesso, ma serve a riscaldare l’acqua contenuta in tubi a serpentina posti all’interno della caldaia.

Produzione di vapore

Quando l’acqua raggiunge temperature molto elevate (circa 540 °C), si trasforma in vapore surriscaldato ad alta pressione. Quest’ultimo è il vero “carburante” che mette in moto il resto dell’impianto.

Azionamento della turbina

Il vapore viene convogliato verso una turbina termoelettrica, una macchina dotata di pale collegate a un albero rotante. La pressione e la forza del vapore fanno girare la turbina, convertendo così l’energia termica in energia meccanica.

Generazione di elettricità

La turbina è collegata a sua volta ad un alternatore, il quale. grazie al movimento dell’albero rotante, trasforma l’energia meccanica in energia elettrica tramite l’induzione elettromagnetica. Dopodiché, la corrente prodotta viene inviata a un trasformatore, che ne innalza la tensione per permettere la distribuzione sulla rete nazionale.

Condensazione e riciclo del vapore

Dopo aver attraversato la turbina, il vapore è ormai esausto e non ha più pressione sufficiente. Viene quindi inviato in un condensatore, dove viene raffreddato grazie a tubi attraversati da acqua fredda, spesso prelevata da fiumi, laghi o dal mare. In questo modo il vapore ritorna allo stato liquido e l’acqua viene reimmessa nel ciclo, pronta a essere nuovamente riscaldata.

Quali sono le tipologie di centrali termoelettriche?

Il procedimento appena descritto è alla base della cosiddetta “centrale a vapore”. Rappresenta la forma di impianto più tradizionale e maggiormente diffusa. Utilizza come combustibile il carbone, il petrolio o il gas.

Tuttavia, l’evoluzione delle tecnologie nel settore energetico ha permesso di dar vita a centrali termoelettriche alternative. Quali sono le principali?

Centrali turbogas

In questo caso non si produce vapore, ma si sfrutta direttamente l’espansione dei gas di combustione. Il gas naturale, o un altro combustibile gassoso, viene bruciato e i fumi caldi in pressione fanno girare una turbina a gas collegata al generatore elettrico.

Centrali a ciclo combinato

Sono una versione evoluta delle centrali a turbogas. I gas di scarico prodotti dalla turbina non vengono dispersi, ma riutilizzati per produrre vapore in una caldaia di recupero. Il vapore alimenta una seconda turbina a vapore, che genera ulteriore energia elettrica.

Impianti di cogenerazione

Si tratta di centrali che, oltre a produrre energia elettrica, recuperano anche il calore residuo generato nel processo, utilizzandolo per il riscaldamento degli edifici o per processi industriali.

Centrali a biomassa e biogas

Funzionano in modo analogo agli impianti a vapore tradizionali, ma al posto di carbone o petrolio utilizzano materiali organici come scarti agricoli, forestali o rifiuti organici. Il calore prodotto dalla combustione genera vapore che aziona le turbine.

Centrali nucleari 

Pur non basandosi sulla combustione, anche le centrali nucleari seguono lo stesso schema di trasformazione. Il calore proviene dalla fissione nucleare all’interno del reattore, che scalda l’acqua producendo vapore, impiegato poi per azionare le turbine e generare elettricità.

Quanto inquina una centrale termoelettrica?

Dopo aver osservato il funzionamento di una centrale termoelettrica e le varie tipologie di impianti esistenti, passiamo all’analisi di alcuni dati per comprendere quale sia effettivamente l’impatto ambientale sull’ecosistema.

Emissioni di gas serra

La combustione dei combustibili fossili rilascia grandi quantità di anidride carbonica (CO₂), principale gas serra responsabile del cambiamento climatico. 

Come già osservato in apertura di questo articolo, in Italia, più della metà della produzione elettrica nazionale proviene ancora da impianti termoelettrici alimentati da fonti non rinnovabili.

A livello mondiale, i dati mostrano che il settore energetico è responsabile del 34% delle emissioni globali di CO₂. Uno studio dell’Università del Colorado ha evidenziato che il 5% delle centrali più inquinanti è responsabile del 73% delle emissioni del settore elettrico. Si tratta di centrali a carbone tecnologicamente arretrate e poco efficienti, che però sono ancora in funzione nei seguenti stati: Polonia, India, Corea del Sud, Cina, Germania e Giappone.

Inquinamento atmosferico

Oltre alla CO₂, le centrali termoelettriche rilasciano altri inquinanti pericolosi:

  • ossidi di azoto (NOx), che contribuiscono alla formazione di ozono troposferico e smog fotochimico;
  • ossidi di zolfo (SOx), che favoriscono la formazione di piogge acide;
  • particolato fine (PM10 e PM2.5), particelle microscopiche che penetrano nei polmoni e nel sistema circolatorio, con effetti negativi sulla salute umana.

Queste sostanze deteriorano la qualità dell’aria, aumentando l’incidenza di malattie respiratorie e cardiovascolari e riducendo l’aspettativa di vita nelle aree più esposte.

Consumo idrico e alterazione degli ecosistemi acquatici

Le centrali termoelettriche necessitano di grandi quantità di acqua per il raffreddamento dei condensatori. L’acqua prelevata da fiumi, laghi o mari viene spesso reimmessa nell’ambiente a temperature più elevate. Questo fenomeno, noto come inquinamento termico, altera gli equilibri ecologici, riduce l’ossigenazione dell’acqua e mette a rischio la fauna ittica e gli ecosistemi acquatici.

Pressione sugli ecosistemi terrestri

La filiera del termoelettrico non si limita alla fase di combustione. L’estrazione e il trasporto dei combustibili fossili comportano conseguenze ambientali rilevanti:

  • deforestazione e perdita di habitat naturali;
  • inquinamento del suolo dovuto a fuoriuscite o stoccaggi non controllati;
  • frammentazione del territorio legata alla costruzione di miniere, oleodotti e gasdotti.

Tutto ciò si traduce in una progressiva perdita di biodiversità e nella compromissione di ecosistemi già fragili.

Gli endoscopi industriali possono contribuire alla riduzione delle emissioni?

L’inquinamento prodotto dall’energia termoelettrica è un dato di fatto ed ovviamente fino a quando le centrali termoelettriche non verranno convertite in impianti più sostenibili sarà difficile ridurre il loro impatto ambientale.

Tuttavia, va sottolineato che adottare un approccio orientato alla manutenzione predittiva può aiutare ad assicurare maggiori livelli di sicurezza e a ridurre le dispersioni energetiche. In tal senso, gli endoscopi industriali si rivelano degli ottimi alleati. Ecco, come possono essere sfruttati nel comparto termoelettrico:

  • ispezione delle tubazioni della caldaia per individuare segni di corrosione, incrostazioni, crepe, deiezioni o corpi estranei, che potrebbe provocare eventuali rotture delle tubazioni.
  • controllo delle turbine e dei generatori per visualizzare pale, rotori, camere di combustione o giunture saldate senza smontare componenti;
  • verifica di scambiatori di calore e condensatori per individuare depositi e ostruzioni prima che generino perdite e danni;
  • ispezione di valvole, pompe e serbatoi per verificare il loro stato di usura senza smontarle.

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