COME FUNZIONA UNA CENTRALE NUCLEARE? PRO E CONTRO DELL’ENERGIA ATOMICA

Nucleare “sì” oppure “no”? Nel nostro Paese il dibattito sulla forma di energia ottenuta dalla fissione dell’uranio è più che mai accesa. In molti la richiamano in ballo come alternativa per ovviare al processo di decarbonizzazione attualmente in atto, mentre in molti altri non sono assolutamente d’accordo nel riportare indietro le lancette della storia in Italia. Per schierarsi da una parte o dall’altra, è innanzitutto fondamentale comprendere come funziona una centrale nucleare.

Nelle prossime righe osserveremo il suo funzionamento ed andremo a valutare tutti i pro e i contro correlati. Infine, ci soffermeremo su come l’endoscopia industriale può rendere più sicure le operazioni di manutenzione e controllo degli impianti.

Il funzionamento di una centrale nucleare

Una centrale nucleare è un impianto industriale progettato per generare energia elettrica sfruttando un principio fisico chiamato fissione nucleare. Questa reazione, scoperta negli anni Trenta, consiste nella suddivisione del nucleo di un atomo pesante – come l’uranio o il plutonio – in frammenti più leggeri: il processo genera una quantità di energia enorme sotto forma di calore.

La funzione principale di una centrale nucleare è trasformare energia termica in energia elettrica, seguendo un processo simile a quello delle centrali termoelettriche alimentate da combustibili fossili. Come appena sottolineato, a differenza di queste ultime il calore non proviene da una combustione, ma appunto dalla rottura degli atomi.

Nelle centrali moderne, si utilizza principalmente uranio arricchito (contenente una percentuale maggiore di U-235). Il plutonio 239 e altri isotopi artificiali possono essere usati in reattori speciali.

Perché la rottura un atomo libera così tanta energia?

Ogni nucleo atomico è mantenuto coeso da una forza chiamata forza nucleare forte, la quale unisce protoni e neutroni. L’energia necessaria per mantenerli insieme è detta energia di legame nucleare.

Quando un nucleo atomico si divide in due parti più piccole, i prodotti di fissione risultano più stabili e hanno una maggiore energia di legame per nucleone (particella subatomica componente del nucleo, cioè un protone o un neutrone) rispetto al nucleo di partenza. 

Questa differenza si traduce in una liberazione netta di energia secondo la celebre formula di Einstein “E=mc2”, dove “E” è l’energia rilasciata, “m” è il difetto di massa (la massa “mancante” tra il nucleo originario e la somma dei frammenti), e “c” è la velocità della luce nel vuoto.

Nel dettaglio, la fissione avviene così:

  • un neutrone libero, particella priva di carica elettrica, colpisce il nucleo di un atomo di uranio-235;
  • il nucleo assorbe il neutrone, diventando instabile e dividendosi quasi istantaneamente in due frammenti più piccoli (come bario e kripton, a seconda del caso);
  • oltre ai frammenti, vengono emessi 2 o 3 neutroni e circa 200 MeV (milioni di elettronvolt) di energia per ogni singola reazione.

L’energia prodotta sotto forma di calore viene trasferita all’acqua del circuito di raffreddamento, generando il vapore che alimenta le turbine per produrre elettricità.

La reazione a catena

Affinché una centrale atomica possa funzionare in modo continuativo, è fondamentale che i neutroni emessi durante una fissione inneschino altre fissioni, colpendo nuovi nuclei di uranio-235. Questo meccanismo è noto come reazione a catena.

La catena deve essere costantemente controllata in quanto:

  • se la reazione accelera troppo (reazione incontrollata), si rischia il surriscaldamento del reattore.
  • se la reazione rallenta troppo (troppi neutroni assorbiti o dispersi), il reattore si spegne.

Come le centrali producono energia elettrica?

Il calore generato dalla fissione viene utilizzato per riscaldare l’acqua e trasformarla in vapore ad alta pressione. Questo aziona il movimento della turbina, collegata ad un alternatore che produce corrente elettrica tramite induzione elettromagnetica.

Il sistema è chiuso e progettato per massimizzare l’efficienza del trasferimento di energia:

  • Il circuito primario contiene l’acqua che entra in contatto diretto con il reattore;
  • Il circuito secondario riceve calore tramite uno scambiatore e alimenta le turbine;
  • un circuito di raffreddamento riporta la temperatura alla norma dopo la produzione di energia.

Per controllare il processo di reazione a catena vengono sfruttati due elementi: le barre di controllo e il moderatore. Le prime servono per evitare che il reattore si surriscaldi. Realizzate in materiali come il boro o il cadmio, assorbono i neutroni in eccesso. Inserendole o estraendole dal nocciolo si regola l’intensità della reazione, fino a spegnere il reattore se necessario.

Il moderatore invece serve a rallentare i neutroni, aumentando la probabilità che essi causino nuove fissioni. Nella maggior parte dei reattori si usa acqua leggera, ma esistono impianti che utilizzano acqua pesante o grafite.

Infine, un altro componente imprescindibile per una centrale nucleare è il contenitore di sicurezza: è formato da diversi centimetri d’acciaio ricoperti a loro volta da un involucro in cemento armato. Il contenitore è progettato per resistere a esplosioni, urti esterni e perdite radioattive.

Quanto uranio serve per far funzionare una centrale atomica?

Un reattore moderno da 1,2–1,6 gigawatt di potenza richiede circa 100 tonnellate di uranio arricchito (con una percentuale di U-235 compresa tra il 3 e il 5%) per essere inizialmente caricato. Tuttavia, non tutto il combustibile viene sostituito a ogni ciclo: le barre vengono rinnovate parzialmente ogni 18 mesi. Per un ricambio totale della materia prima ci vogliono all’incirca 4 anni. Di conseguenza, il consumo annuo effettivo si aggira intorno alle 25 tonnellate di uranio arricchito.

Una centrale a carbone di pari potenza necessita ogni anno di circa 2,5 milioni di tonnellate di combustibile fossile. In pratica, una centrale nucleare consuma centomila volte meno materia prima a parità di energia prodotta.

Quali sono i principali reattori nucleari esistenti?

Le centrali nucleari nel mondo utilizzano diversi tipi di reattori. Ogni tipologia presenta delle caratteristiche specifiche che influiscono direttamente sulle modalità di funzionamento dell’impianto, sulla sua efficienza energetica e soprattutto sulla sua sicurezza. Osserviamo i modelli più diffusi e utilizzati.

 Reattori PWR – Pressurized Water Reactor

I reattori ad acqua pressurizzata (PWR) costituiscono la tecnologia più diffusa a livello globale. Circa l’80% dei reattori attualmente in funzione appartenente a questa categoria.

Il loro funzionamento si basa sull’immersione dell’uranio arricchito in acqua, la quale svolge contemporaneamente la funzione di moderatore (rallenta i neutroni) e di fluido refrigerante.

L’acqua viene mantenuta a una pressione molto elevata (circa 155 bar), per impedirne l’ebollizione anche a temperature superiori ai 300°C. Il calore prodotto nel nocciolo viene trasferito a un generatore di vapore che alimenta un secondo circuito idraulico, separato e non contaminato, dove l’acqua evapora e aziona le turbine.

Reattori BWR – Boiling Water Reactor

I reattori ad acqua bollente (BWR) sono la seconda tecnologia più diffusa dopo i PWR. Anche in questa tipologia le barre di uranio sono immerse direttamente nell’acqua che funziona sia da moderatore, sia da refirgeratore. Tuttavia, a differenza dei PWR, nei BWR il vapore viene prodotto direttamente nel nocciolo del reattore.

Il vapore prodotto sale poi verso le turbine, generando energia elettrica. Dopo aver alimentato le turbine, viene invece condensato e rimandato nel reattore.

Reattori di quarta generazione

I reattori di quarta generazione rappresentano la nuova frontiera della tecnologia nucleare. Tra questi annoveriamo:

  • reattori a sali fusi (MSR): usano sali fusi come refrigerante e, in alcuni casi, come vettore del combustibile. Altamente stabili, non operano sotto pressione e possono gestire diverse forme di combustibile (uranio, torio). Il primo modello sperimentale è stato installato in Cina nel 2021;
  • reattori veloci raffreddati a gas (GFR): raffreddati con elio, consentono alte temperature operative e un’efficienza termica superiore;
  • reattori modulari piccoli (SMR): progettati per essere compatti, economici e scalabili, possono essere installati in aree remote o in contesti industriali.

Queste nuove tipologie di reattore sono ancora in fase di sviluppo e test. Si prepongono l’ambizioso obiettivo di aumentare la sicurezza degli impianti, ridurre la produzione di rifiuti tossici e di riutilizzare le scorie nucleari come nuovo combustibile.

Tutti i pro e i contro delle centrali nucleari

Come accennato in apertura di questo articolo, il dibattito sul ritorno al nucleare è molto accesso in Italia. Quali sono allora i principali vantaggi e svantaggi legati alle centrali atomiche?

Gli svantaggi

Uno dei punti critici legati agli impianti nucleari è indubbiamente lo smaltimento delle scorie radioattive, le quali sono composte da residui ad altissima radioattività: dovrebbero essere isolati in modo sicuro per migliaia di anni.

Altro ostacolo alla realizzazione delle centrali nucleari è l’investimento economico relativo alla lora costruzione. Il cosiddetto “costo overnight” (cioè il costo puro di realizzazione, senza interessi) varia:

  • 2.000 $/kW nei Paesi asiatici (Cina, Russia, Corea del Sud)
  • 4.000–6.000 $/kW in Occidente (Europa e USA)

Inoltre, poiché i tempi di realizzazione possono arrivare a 10–15 anni, gli interessi sui capitali investiti possono raddoppiare il costo iniziale. In molti casi, oltre il 50% del prezzo finale del kWh dipende proprio dagli oneri finanziari legati alla fase di costruzione.

Infine, l’aspetto più preoccupante è quello legato alla sicurezza. Nonostante il livello di incidenti è stato molto basso nel corso della storia, quelli accaduti hanno determinato conseguenze devastanti, basti pensare a Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011. 

Non a caso, l’Italia in seguito agli incidenti accaduti nelle centrali nucleari appena citate, ha ribadito con due referendum la volontà di non avere più impianti atomici sul proprio territorio.

I vantaggi

Il risvolto della medaglia è dato dalla possibilità di migliorare la produzione energetica, riducendo da un lato le importazioni e dall’altro limitando l’uso di combustibili fossili. Quest’ultimo aspetto influisce ovviamente anche in termini di ecosostenibilità con la conseguente riduzione dei livelli di CO2 nell’aria.

Inoltre, nonostante gli elevati costi di iniziale, le spese per il mantenimento in funzione dell’impianto sono relativamente basse e si tradurrebbero di conseguenza in un contenimento dei costi in bolletta.

L’endoscopia per aumentare i livelli di sicurezza

Abbiamo osservato come uno degli aspetti più critici delle centrali nucleari sia garantire alti standard di sicurezza. Gli endoscopi industriali contribuiscono a perseguire questi obiettivi a dir poco fondamentali. In che modo vengono sfruttati negli impianti?

  • Ispezione di saldature e tubazioni: durante la costruzione e la manutenzione delle centrali, gli endoscopi vengono utilizzati per verificare la qualità delle saldature interne delle tubazioni, assicurando l’assenza di difetti che potrebbero compromettere la tenuta e la sicurezza del sistema.
  • Controllo della corrosione e pulizia dei componenti: le tubazioni dei sistemi di raffreddamento e altri componenti interni sono soggetti a corrosione e accumulo di detriti. Gli endoscopi permettono di monitorare il loro stato interno, facilitando interventi tempestivi di manutenzione e prevenendo guasti.
  • Ispezione di aree ad alta radiazione: in zone con elevati livelli di radiazione, come i contenitori del reattore, consentono ispezioni dettagliate senza esporre il personale a rischi, grazie alla possibilità di operare a distanza. Ad esempio, in seguito al disastro di Fukushima furono utilizzati gli endoscopi per ispezionare l’interno dei reattori danneggiati, raccogliendo dati cruciali per le operazioni di decontaminazione;
  • Manutenzione predittiva: l’uso di endoscopi consente di identificare segni precoci di usura o danni, permettendo interventi preventivi che evitano costosi fermi impianto e migliorano l’affidabilità complessiva del sistema.

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